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Le presenze in città hanno rilanciato il problema che però nelle campagne si fa sentire sempre di più. Perché cresce la presenza dei cinghiali e aumentano anche i danni all’agricoltura. Danni che ammontano in un quinquennio per 120 milioni di euro (nel solo 2021 sono state stimate presenze per un milione e mezzo di capi).

Piemonte e Abruzzo i più colpiti

Un fenomeno che colpisce la maggior parte delle regioni d’Italia, in particolare Abruzzo e Piemonte. Risparmia la provincia autonoma di Bolzano. A delineare questo scenario sono i risultati dell’indagine nazionale dell’Ispra. L’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, sulla gestione del cinghiale nel territorio nazionale nei cinque anni che vanno dal 2015 al 2021. I dati, che fanno parte di uno studio elaborato attraverso l’analisi di oltre 700 documenti e relazioni tecniche parlano chiaro. Continua la crescita degli abbattimenti (denominati anche prelievi) e dei danni.

Fenomeno in crescita

Nei cinque anni esaminati i prelievi sono aumentati del 45 per cento e in media sono stati abbattuti circa 300.000 cinghiali all’anno. Di questi 257.000 in caccia ordinaria mentre 42.000 in interventi di controllo faunistico. Notevoli anche i danni causati all’agricoltura che sono oscillati tra 14,6 e 18,7 milioni di euro, con una media annuale pari a oltre 17 milioni di euro. L’indagine portata avanti dall’Ispra, «la prima di dettaglio a scala nazional». Realizzata utilizzando le le informazioni fornite dalle Regioni e dalle Aree protette, consente anche di stilare una graduatoria con le regioni più colpite. E in cui si fanno più sentire i danni provocati dai cinghiali. Si tratta di Abruzzo e Piemonte con, rispettivamente, circa 18 e 17 milioni di euro. A seguire, con danni intorno ai dieci milioni di euro la Toscana, Campania e Lazio. Unica eccezione in questa conta la Provincia Autonoma di Bolzano dove non si rilevano danni all’agricoltura. Un fatto, secondo gli esperti, legato alla «distribuzione ancora molto limitata del cinghiale in questo contesto».

Aumentano i danni

Nel periodo 2015-2021 la stima complessiva dei danni all’agricoltura, come sottolinea il rapporto «è risultata di poco inferiore a 120 milioni di euro di danni». Complessivamente il 36 per cento degli importi, pari a circa 30 milioni di euro, per danni da cinghiale «è riferito alle aree protette nazionali e regionali, la restante parte ad aree non protette».

Necessario adottare accorgimenti

Per gli esperti, che nel rapporto descrivono un aumento generalizzato degli indicatori, ossia i prelievi sia durante la caccia sia durante le attività di controllo, è necessario adottare accorgimenti. «Questo costante aumento del fenomeno su scala nazionale – rimarcano nel rapporto – richiede l’adozione urgente di una strategia di intervento nazionale disegnata sulla base delle più aggiornate conoscenze scientifiche, che integri interventi di prevenzione dei danni e di contenimento delle popolazioni, e che assicuri prelievi selettivi e pianificati coerentemente con l’obiettivo prioritario di riduzione dei danni». Da qui la necessità di trovare una soluzione che passi per quella che viene definita la “strategia di gestione”. «Elemento chiave – rimarcano – è la creazione di un sistema omogeneo di raccolta dei dati a scala nazionale, che integri anche le informazioni relative agli interventi di prevenzione e agli incidenti stradali, e renda possibile monitorare l’andamento della gestione in tempo reale».


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