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Il caso Scurati ha messo in evidenza una realtà spesso ignorata: la sinistra critica l’altrui (presunta) censura, ma tace di fronte alle proprie (vere) censure. Gli esempi degli ultimi anni sono molteplici: dalla Rai al Salone del libro di Torino, fino alle università e alle biblioteche.

In passato, la Rai ha cancellato programmi e interrotto collaborazioni con giornalisti e intellettuali considerati “non adatti” dal punto di vista politico. Marcello Veneziani ha raccontato di essere stato censurato per le sue posizioni critiche nei confronti del governo Renzi. Anche il programma di Pietrangelo Buttafuoco su Rai5 è stato chiuso nel 2012, sollevando critiche per il mancato rispetto della libertà di espressione.
Anche al Salone del libro di Torino si sono verificati episodi di censura, come la contestazione e l’impedimento alla parola della Ministra Eugenia Roccella durante la presentazione del suo libro. Paolo Giordano, prima di diventare direttore del Salone, ha escluso intellettuali di destra dal comitato editoriale, sostenendo che “la cultura merita di non essere lottizzata”.
Nelle università, episodi di censura e intolleranza sono all’ordine del giorno. Daniele Capezzone, ad esempio, ha subito contestazioni e impedimenti durante la presentazione del suo libro all’Università La Sapienza.
Questa ipocrisia nella gestione della libertà di espressione evidenzia una discriminazione politica nella cultura e nell’informazione, dove la censura sembra accettabile solo se mirata alla destra.

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