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Il venerdì dello sciopero dei mezzi pubblici è diventato una consuetudine per gli italiani, tanto da passare inosservato per molti, se non per coloro che ne dipendono

. Le rivendicazioni sindacali vanno dagli orari estenuanti alle retribuzioni basse fino alla sicurezza, con episodi come autobus in fiamme che ormai sembrano non fare più notizia. Tuttavia, la motivazione principale di questo sciopero ha un sapore di paradosso: “la disaffezione al mondo dei trasporti”.

La parola chiave qui è “disaffezione”. Per quale motivo le persone non sono più affezionate ai mezzi pubblici? È questa la domanda di fondo che spinge gli autisti ad uno sciopero, nella speranza di far riacquistare fiducia ai cittadini nei confronti dei trasporti pubblici. Ma la situazione diventa paradossale quando ci si rende conto che lo sciopero colpisce proprio coloro che sono ancora affezionati ai mezzi, anziché conquistare nuovi adepti.

Lo sciopero programmato proprio in concomitanza con il ponte del 25 aprile aggiunge un ulteriore strato di ironia alla situazione. Anche se non coinvolge i treni nazionali, i frequenti ritardi e blocchi sulle linee ferroviarie nazionali spesso danno l’impressione di uno sciopero perpetuo.

Nel frattempo, molti cittadini, stufi dei disagi dei mezzi pubblici, si sono rivolti ai taxi, nonostante i costi più elevati. Tuttavia, anche qui si sono verificati scioperi, ma con una richiesta opposta: mantenere inalterato il numero di licenze, portando ad attese sempre più lunghe per un taxi, soprattutto nelle grandi città come Milano e Roma.

In tutto ciò, viene in mente una battuta di Ricky Gervais: “In fondo sono una specie di Rosa Parks, lei ha lottato per prendere gli autobus, io sono diventato multimilionario per non doverne mai prendere uno”. Una riflessione che getta luce sulle contraddizioni e ironie della nostra società moderna.

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