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Matteo Renzi, ex premier e segretario del Partito Democratico, critica aspramente la firma di Elly Schlein per abolire il Jobs Act, considerandola il segno inequivocabile della fine del Pd come partito riformista.

Renzi ricorda che il Jobs Act fu annunciato durante le primarie del 2013, con Stefano Bonaccini come coordinatore della sua mozione. Secondo Renzi, il fatto che Schlein aderisca a un referendum contro un provvedimento cardine della sua segreteria indica un totale abbandono delle posizioni riformiste che hanno caratterizzato il partito.

Renzi esprime sorpresa per questa giravolta da parte di Schlein, ma sottolinea che il Jobs Act fu sostenuto da numerose figure di spicco del Pd, tra cui Andrea Orlando, Dario Franceschini e Roberta Pinotti. Questa adesione al referendum, secondo Renzi, equivale a rinnegare le basi stesse del Pd e delle politiche riformiste che lo hanno contraddistinto.

Renzi critica la linea del Nazareno, che sostiene che solo la segretaria firma il referendum, mentre molti altri non lo faranno. Afferma che il Pd si è trasformato in un’aggregazione di opinioni contrastanti, incapace di mantenere una posizione coerente e riformista. Rivolgendosi ai riformisti ancora presenti nel partito, Renzi li esorta a considerare se abbandonare la dignità per una ricandidatura vale davvero la pena, di fronte a una segreteria che sembra non voler mettere da parte Renzi e gli sforzi riformisti della sua stagione politica.

Le parole di Renzi riflettono un profondo senso di frustrazione e disillusione nei confronti del Pd, evidenziando una frattura interna che mina le fondamenta stesse del partito.

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