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A 32 anni di distanza dalla tragica strage di Capaci del 23 maggio 1992, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, un enigma persiste nell’aria.

Tutto ruota attorno alla preveggenza del deputato Vittorio Sbardella, esponente della corrente andreottiana della Democrazia Cristiana, che aveva in qualche modo anticipato l’attentato attraverso una sua agenzia giornalistica affiliata.

La strage di Capaci fu causata da una potentissima carica di tritolo piazzata sotto l’auto dei protagonisti, avvenuta alle 17:58 sull’autostrada A29. Tuttavia, il mistero della previsione di Sbardella continua a scuotere le fondamenta di questa tragica vicenda, aprendo interrogativi sulle intricanti relazioni di potere dell’epoca.

In un contesto segnato dal maxiprocesso alla mafia e da tentativi di attentati precedenti, l’anticipazione di Sbardella solleva dubbi e sospetti su eventuali complicità o conoscenze pregresse. A più di tre decenni di distanza, il velo di mistero che avvolge questa vicenda sembra destinato a non dissolversi, lasciando aperte molte domande e poche risposte concrete.

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