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In vista delle elezioni del 28 giugno, il panorama politico iraniano si preannuncia turbolento, con otto figure chiave che si profilano come possibili successori del presidente Raisi.

Tra questi, spicca Mohammad Mokhber, attuale presidente ad interim e fedele alleato della guida suprema Khamenei. Gestore di Setad, un conglomerato di proprietà e imprese, Mokhber è ben inserito sia con i guardiani della rivoluzione sia sul piano internazionale, nonostante le sanzioni americane.

Altri probabili candidati includono Mohammad Bagher Ghalibaf e Mojtaba Khamenei, che grazie ai loro legami con il Corpo rivoluzionario svolgono un ruolo centrale nello scenario politico. Ali Shamkhani, noto per il recente accordo di riavvicinamento tra Iran e Arabia Saudita, rappresenta una corrente più centrista, mentre Mehrdad Bazrpash emerge come il giovane lealista conservatore.

Non mancano le figure più note e controverse come Mohammad Javad Zarif, Mahmoud Ahmadinejad e Hassan Rouhani, ciascuno con un passato influente e spesso divisivo. Queste elezioni, tuttavia, sono viste dalla maggior parte degli iraniani come una farsa, con il Consiglio dei guardiani pronto a escludere candidati non graditi per assicurare un esito favorevole alle élite al potere.

Nel contesto di una partecipazione al voto storicamente bassa e di un evidente dissenso popolare, le prossime elezioni presidenziali in Iran si configurano più come un teatro politico che come una vera competizione democratica. Resta da vedere se questa tornata elettorale potrà in qualche modo sorprendere o se confermerà semplicemente la presa di ferro del regime sui processi politici del paese.

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