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Riccardo Bossi, figlio maggiore del fondatore della Lega Nord, Umberto Bossi, si trova al centro di un’inchiesta per truffa ai danni dello Stato. Accusato di aver indebitamente percepito il reddito di cittadinanza per un totale di 12.800 euro, il caso sta sollevando non poco clamore.

La Procura di Busto Arsizio, guidata dalla pm Nadia Alessandra Calcaterra, ha depositato l’avviso di conclusione delle indagini, un passaggio che generalmente prelude al rinvio a giudizio. Riccardo Bossi, avvalendosi della facoltà di non rispondere, ha ora venti giorni per presentare la sua difesa.
Il nodo della questione ruota attorno all’erogazione del reddito di cittadinanza percepito da Bossi jr, collegato al canone di affitto di un appartamento. Tuttavia, gli inquirenti hanno stabilito che Bossi era già stato sfrattato per morosità dall’abitazione in questione prima del periodo di erogazione del sostegno, facendo così scattare l’accusa di truffa. Questo episodio si aggiunge a una serie di precedenti legali che hanno visto Riccardo Bossi protagonista, dalle denunce per mancati pagamenti a condanne per truffa.
Il caso di Riccardo Bossi riapre il dibattito sui cosiddetti “furbetti del reddito di cittadinanza”, sottolineando come la truffa ai danni dello Stato rimanga un problema aperto e di attualità politica. Mentre le indagini proseguono, la vicenda mette in luce la complessa intersezione tra etica personale, responsabilità civile e vigilanza sui benefici sociali, in un contesto in cui le risorse pubbliche sono destinate al sostegno di chi si trova in reale necessità.

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