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La Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado, condannando Rfi-Rete Ferroviaria Italia al pagamento di un risarcimento di 200mila euro agli eredi di un ferroviere foggiano deceduto nel 2009 a causa di un mesotelioma derivante dall’esposizione all’amianto durante il suo lavoro presso le officine grandi riparazioni di Foggia. È l’Osservatorio Nazionale Amianto a dare notizia di questa sentenza.

Il ferroviere, Rocco, originario di Orta Nova e residente a Foggia, ha svolto il suo servizio in ferrovia dal 1969 al 1971 come operaio qualificato aggiustatore meccanico. Durante questo periodo, ha eseguito la manutenzione dei rotabili ferroviari, esponendosi direttamente e indirettamente alle pericolose “fibre killer” dell’amianto. Nonostante la disponibilità di dispositivi di protezione già dagli anni ’40, come mascherine e tute protettive, i locali erano privi di aerazione e le precauzioni non erano adottate.
La malattia si è manifestata nel 2006 con un primo versamento pleurico, e Rocco è poi deceduto nel 2009, lasciando la moglie e due figli. L’Inail aveva riconosciuto l’origine professionale della malattia e concesso una rendita ai superstiti. La famiglia ha quindi intrapreso azione legale per ottenere il risarcimento dei danni, concludendo con il riconoscimento di 200mila euro per il danno biologico subito, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali.
La Corte d’Appello ha spiegato che non esiste una soglia minima al di sotto della quale si annulla il rischio amianto, e che anche un’esposizione breve può portare all’insorgenza di patologie asbesto-correlate.

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