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L’Unione Europea annuncia un finanziamento di 164 milioni di euro alle forze di sicurezza tunisine, suscitando critiche per il loro presunto coinvolgimento nelle espulsioni di migranti verso il deserto libico. Le norme europee, pur vietando l’erogazione di fondi a chi viola i diritti umani, sembrano non aver impedito questo flusso di denaro.

Il tragico destino di Fati Dosso, una giovane madre e sua figlia di soli sei anni, morte nel deserto tra Tunisia e Libia mentre cercavano di raggiungere l’Italia, ha scosso le coscienze internazionali. Le indagini hanno rivelato che non sono state le uniche vittime delle espulsioni di migranti condotte dalle forze di sicurezza tunisine, purtroppo finanziate ora dall’UE.
La cifra annunciata, superiore alle previsioni iniziali, solleva interrogativi sul rispetto dei diritti umani. Nonostante le denunce dell’ONU e le prove fornite dai media, l’accordo è stato sottoscritto, ignorando le violazioni del diritto internazionale.
Le autorità tunisine negano le accuse, ma testimonianze e prove documentate raccontano una realtà diversa: espulsioni violente, spesso accompagnate da abusi sessuali e razzismo dilagante.
Il finanziamento UE non solo solleva dubbi sull’efficacia del monitoraggio dei diritti umani, ma solleva anche questioni sull’etica e la coerenza delle politiche migratorie europee. Mentre Bruxelles promuove questo accordo come un modello replicabile, gli occhi del mondo rimangono puntati sulla Tunisia, in attesa di misure concrete per proteggere i diritti dei migranti.

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