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L’ultimo rapporto Censis, il 56esimo portato avanti dalla celebre Fondazione socio-economica, fa registrare dati allarmanti, ma in netta controtendenza (in parte) rispetto agli anni precedenti. Il post-covid e il post-populismo, l’assenteismo delle ultime elezioni, lo sfoggio ostentato della ricchezza, la crisi climatica e la guerra hanno contribuito a dipingere il quadro di un’Italia nuova e diversa. L’84,5% degli italiani, soprattutto giovani e laureati, manifestano il proprio timore per eventi anche molto lontani da qui: spaventano la guerra in Ucraina, la bomba atomica e la minaccia di una Terza Guerra Mondiale nell’ipotesi in cui anche il Bel Paese partecipi attivamente al conflitto. L’Italia si riconferma il Paese delle disillusioni: il 70% si mostra fermamente convinto del progressivo peggioramento delle proprie condizioni di vita e, a questi, fanno compagnia coloro che – rientranti in un inquietante 92% – sono convinti del perdurare della corsa dei prezzi. Dilaga anche la repulsione verso le forbici economiche tra “loro” e “noi”, dove i primi accolgono la folta schiera degli influencer: “socialmente insopportabili” i loro privilegi, ritenuti immeritati, così come l’utilizzo di jet privati, i guadagni facili e gli sprechi. Il malcontento è, tuttavia, accompagnato da una certa passività, riscontrata in più della metà degli italiani: “mancano intense manifestazioni collettive” a dimostrazione del diffuso malcontento, così come la volontà e la spinta di fare qualcosa per cambiare le proprie abitudini o la propria condizione lavorativa (ove questo possa essere ancora possibile, dato che – e questo si riconferma – sempre di più sono i Neet, sempre meno i giovani impiegati con stipendi accettabili e sempre maggiore la distanza con gli altri Paesi europei, che sembra ormai essersi fatta incolmabile). Dobbiamo aspettarci, da qui ai prossimi 10 anni, uno “tsumani demografico” che impatterà la scuola, l’Università e la sanità pubblica: queste le istituzioni che saranno sempre più colpite da carenza di iscritti, lavoratori, assistenti sanitari, insegnanti.

“Chi fa da sé, fa per tre” – questo il motto che sembra riecheggiare nelle orecchie di troppi italiani.


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