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Il Parlamento Europeo si prepara a votare il Patto sulla migrazione, un accordo raggiunto con il Consiglio UE dopo un percorso di quasi dieci anni. Tuttavia, il testo dell’accordo è stato oggetto di critiche da parte di molte Ong, che denunciano una riduzione dei diritti dei migranti e la trasformazione dell’Europa in una “fortezza”.

L’accordo, giunto dopo intense trattative, si basa su una redistribuzione della solidarietà tra gli Stati membri. L’Italia, in particolare, aveva proposto una redistribuzione obbligatoria dei migranti in caso di crisi, ma alla fine è stato adottato un sistema basato sulla scelta: accogliere migranti o pagare una sanzione di 20.000 euro per ogni migrante non accolto.

La solidarietà obbligatoria è prevista in situazioni di emergenza, ma il Patto include anche disposizioni più stringenti per gli Stati membri di primo approdo come l’Italia. Tra queste disposizioni vi è l’obbligo di raccogliere le impronte di tutti i migranti irregolari e una procedura accelerata per la valutazione dei casi, con la possibilità di rimpatrio entro massimo 12 settimane per coloro provenienti da paesi con una bassa percentuale di domande d’asilo accolte.

Tuttavia, le Ong contestano alcune disposizioni, in particolare la procedura di frontiera che potrebbe comportare la detenzione dei migranti in centri di fatto detentivi. Inoltre, esistono preoccupazioni riguardo alle deroghe ai diritti umani e alla durata della detenzione previste in caso di crisi.

Nonostante le controversie, il principio del vecchio regolamento di Dublino, che rende responsabile il primo Stato di approdo del migrante irregolare, rimane sostanzialmente intatto, sebbene con alcune attenuazioni dovute alla solidarietà. Tuttavia, resta da affrontare la questione della ricerca e del salvataggio in mare, che non è stata coperta dal Patto.

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