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La vita da latitante di Matteo Messina Denaro, noto come “u’ pacchiuni”, è stata caratterizzata da un’apparente normalità, seppur vissuta nel sottobosco dell’illegalità.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non si è nascosto in luoghi sperduti, ma si è spostato liberamente per Palermo, indulgendo persino in piccoli piaceri come la rosticceria e i tatuaggi. La sua abilità nell’usare identità diverse gli ha permesso di passare inosservato per quasi trent’anni.

Sotto lo pseudonimo di “Andrea Bonafede”, Messina Denaro è stato coinvolto in varie attività, tra cui la visita a un tatuatore nel 2012-2013, identificandosi anche come “Vito Firreri”. Nel 2020, avrebbe usato anche il nome “Averna” durante una riparazione di una lavastoviglie. Queste informazioni emergono dall’appello della Procura che ha impugnato la sentenza di condanna di Andrea Bonafede per associazione mafiosa.

I tatuaggi di Messina Denaro, con frasi come “Tra le selvaggi tigri” e “Ad augusta per angusta”, sono stati un altro segno distintivo della sua identità segreta. La data “VIIIMCMLXXXI” (8 ottobre 1981) si presume abbia un significato particolare legato alla sua vita criminale.

Anche durante il suo periodo di latitanza, Messina Denaro si è mosso con disinvoltura, acquistando persino una Fiat 500 in una concessionaria di Palermo nel 2014, utilizzando l’identità di un’altra persona. Questo stile di vita tranquillo e mascherato ha reso difficile la sua cattura per molti anni.

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