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Il generale Mario Mori, figura storica e controversa nell’ambito della lotta alla mafia in Italia, si trova nuovamente al centro di un’indagine giudiziaria.

Secondo la Procura della Repubblica di Firenze, Mori avrebbe avuto conoscenza anticipata di piani per attentati terroristici e stragi mafiose nelle città di Firenze, Roma e Milano nel 1993, ma non avrebbe agito per prevenirli.

In particolare, gli viene contestato di non aver effettuato le dovute segnalazioni e denunce all’autorità giudiziaria o adottato iniziative investigative e preventive autonome.

Queste accuse emergono nonostante il generale abbia già affrontato processi simili in passato, venendo sempre assolto. Infatti, Mori si esprime con un tono di amarezza e frustrazione, definendo le accuse come parte di una “persecuzione giudiziaria” che dura da oltre due decadi. Inoltre, menziona una sentenza della Corte di Cassazione che, secondo lui, avrebbe sconfessato le tesi accusatorie.

Mori ha trascorso la maggior parte della sua carriera lavorando a stretto contatto con magistrati anti-mafia rinomati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e sostiene che le nuove accuse non solo lo offendono personalmente, ma mancano anche di rispetto alla memoria di questi magistrati. L’ex comandante del ROS ribadisce la sua innocenza e il suo impegno nell’impedire atti di violenza mafiosa, sottolineando come le sue azioni fossero mosse da un intento di tutela dell’incolumità pubblica e degli interessi dello Stato.

Il generale si mostra disgustato e offeso dalle accuse, che considera surrealistiche e riduttive di una carriera dedicata alla lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata. Con un senso di sfiducia nei confronti del sistema giudiziario e mediatico, Mori prevede che l’attuale battaglia legale e mediatica sarà intensa, ma si dichiara pronto ad affrontare e superare anche questa sfida


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