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Alberto Airola, ex senatore M5s per due mandati, dal 2013 si racconta  Uscito da Palazzo Madama, è tornato a quell’amore che coltivava fin da bambino, la fotografia. “Ho sempre guardato il mondo attraverso un obiettivo, quello di una macchina cinematografica”. Poi l’impegno di Roma che allontana Airola dai set e da quei contatti indispensabili per un freelance. “L’esperienza politica è stata totalizzante – ammette, – sento l’esigenza di un cambiamento. Voglio dedicarmi all’arte a cui arrivo forse troppo tardi. Arte che in Italia non è molto apprezzata”. Il primo passo nella nuova vita è stato già fatto:

), della quale è disponibile l’omonimo catalogo, pubblicato da Gangemi Editore. E poi? “Continuerò a provarci e a sperimentare, come sempre”, anticipa.

Con un gioco di parole su questo suo nuovo progetto artistico, si può dire che l'”Uscita di Sicurezza” da Palazzo Madama è nella fotografia?
“L’uscita di sicurezza serve per venir fuori dalle pressioni della vita politica. Ma la fotografia era già presente tra le miei passioni, fin da bambino, ed è rimasta con me anche da senatore. Prova ne sono queste immagini con cui immortalavo i miei viaggi degli ultimi due anni tra Torino e Roma per partecipare ai lavori dell’Aula. Erano momenti di riflessione e ho iniziato a scattare con il cellulare quello che vedevo dal finestrino del treno, a volte bagnato, a volte sporco, immortalando come veniva, affidandomi al caso, alla scelta, al chip della camera, senza manipolazioni successive. E aprire la porta dell’uscita di sicurezza vuol dire scoprire così un altro mondo, un luogo alternativo alla realtà quotidiana, dove ritrovare se stessi. Parlerei proprio di un’uscita di sicurezza mentale e spirituale per un animo tormentato come il mio”.

Per lanciare quale messaggio?
“Personalmente, per non morire di politica. Nella vita avevo usato tutti i dispositivi, passando dalla pellicola al digitale, ma in quei momenti avevo in mano solo un cellulare e andava sfruttato. Ho iniziato così, un po’ per gioco, un po’ per noia, sperimentando, usando solo alcune funzioni, come quella panoramica o le lunghe esposizioni, ma restando fedele alla vecchia scuola, quella che non prevede ritocchi né troppe manipolazioni”.

Il risultato?
“Ne sono soddisfatto: questi scatti sono perfetti così, in quel tentativo di cogliere l’attimo e per dirla in maniera quantistica, com’è il sottotitolo della mostra e del catalogo, ho rappresentato l’improbabile, con la forte probabilità che la realtà sia così”.

Un bilancio del suo debutto nella fotografia con questa prima mostra di Roma?
“Questo debutto arriva dopo tre anni di attesa; il Covid ha bloccato tutto, poi gli impegni politici. Risultato sicuramente positivo quello dell’esposizione nella Sala Mostre e Convegni di Gangemi editore. Alla fine erano 26 gli scatti esposti, 31 quelli finiti nel catalogo, ma una gran quantità è rimasta fuori e, poi, continuo a scattare, a sperimentare, in bianco e nero, foto astratte, pop. E preparo ‘il tour’. Spero di esporre a Torino, la mia città, e a Milano, un grande mercato per la fotografia, anche se sembra prediligere la pittura”.

Ma con la politica ha chiuso definitivamente?
“Una parte di me vive nei palazzi, mantengo contatti, perché dopo 10 anni è difficile scrollarsi di dosso le incombenze e quel senso di impegno. Fare politica è una vocazione e, per me, è stato un viaggio importante e inaspettato, altissimo. Così come le mie precedenti battaglie politiche, penso alla lotta No Tav, per esempio, mi hanno insegnato tanto e fanno ancora parte della mia visione del mondo, della società, dell’economia italiana. Un’altra parte di me, invece, pensa che ci sia un altro mondo da scoprire e vivere. E, ancora, c’è una parte che tenta di mediare tra i due settori. Come detto, la politica per me è stata totalizzante e mi sono andato anche a schiantare nello svolgere al meglio a 100 all’ora le mie funzioni. Mi ha lasciato un segno profondo, ma credo che ora mi serva dedicare energie all’espressione artistica di me”.


stefanodemartino@gmail.com'

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