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Nicola Gratteri, il rinomato pm ora alla Procura di Napoli, solleva una tempesta di controversie con la sua recente opposizione ai test psicologici per i magistrati, noti come “Minnesota test”.

Tuttavia, uno sguardo al passato rivela un’inattesa discrepanza. Nel 2019, quando Gratteri operava presso la Procura di Catanzaro, sosteneva fermamente l’utilità di tali test, come evidenziato da un’intervista trasmessa su Quarta Repubblica, condotta da Nicolo Porro.
Oggi, in una conferenza stampa a Napoli, Gratteri adotta un tono deciso, chiedendo che tali test vengano estesi a tutte le figure apicali della pubblica amministrazione, incluso il mondo politico. Egli propone persino test quali il narco-test e l’alcol-test, sottolineando i potenziali rischi di decisioni distorte sotto l’influenza di droghe o alcol.
Tuttavia, questa presa di posizione contrasta nettamente con le sue precedenti dichiarazioni. In un’intervista a Radio Capital nel 2019, Gratteri si mostrava favorevole all’idea di sottoporre i magistrati a test psico-attitudinali ogni cinque anni, suggerendo che fosse una pratica ragionevole data la natura stressante del lavoro.
La sua retromarcia ha suscitato reazioni contrastanti, evidenziando un dibattito acceso sulla necessità e l’efficacia di tali test nell’ambito della magistratura. Tuttavia, resta il fatto che Nicola Gratteri sembra aver cambiato opinione nel corso degli anni, sollevando interrogativi su cosa abbia portato a tale cambiamento.

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