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La proposta inglese di vietare le sigarette ai nati dopo il 2009 sta suscitando un acceso dibattito anche in Italia. Mentre nel Regno Unito si discute animatamente tra proibizionisti e liberali, da noi la proposta ha trovato consensi soprattutto tra gli esperti del settore. Silvano Gallus, capo laboratorio per la Ricerca sugli stili di vita presso l’Istituto farmacologico Mario Negri, è tra coloro che vedono di buon occhio questa iniziativa.

Le notizie da Londra rincuorano Gallus dopo il fallimento di una campagna simile in Italia, che non ha avuto il sostegno né i finanziamenti necessari. Infatti, la lotta al tabagismo nel nostro Paese non gode di alta priorità. A differenza del Regno Unito, dove il costo di un pacchetto di sigarette è significativamente più elevato e ci sono divieti più rigorosi sull’uso del tabacco, in Italia mancano misure simili. Solo alcune iniziative locali, come divieti di fumo all’aperto in città come Torino e Milano, sono state adottate sporadicamente. Inoltre, la prevenzione primaria è quasi inesistente e i Centri antifumo sono diminuiti drasticamente dopo la pandemia.
Gallus sottolinea anche l’alto grado di “interferenza” tra l’industria del tabacco e il governo italiano, che potrebbe spiegare il riluttante atteggiamento delle autorità verso iniziative restrittive sul tabacco. Nonostante il ministro della Salute abbia proposto modifiche alla legge Sirchia per limitare l’uso del tabacco, queste proposte sono state ignorate dai colleghi di governo.
In conclusione, mentre l’Inghilterra potrebbe presto adottare misure drastiche contro il fumo, l’Italia sembra ancora lontana da una simile azione. Tuttavia, la discussione sul tema è aperta e potrebbe portare a cambiamenti nel futuro.

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