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Era quasi arrivato a casa, dalla sua famiglia, Riccardo Faggin. Poi lo schianto in auto. Il ragazzo aveva annunciato da tempo la data del conseguimento della sua laurea in Scienze infermieristiche e tutta la famiglia era pronta per i grandi festeggiamenti. Il clima di festa viene bruscamente interrotto dallo schianto mortale e dalla successiva scoperta di un’amara verità: l’Ateneo non aveva alcuna laurea in programma. Da qui è emersa la possibilità di un incidente volontario, ma al momento non è stata disposta alcuna autopsia sul corpo. Si vagliano, dunque, tutte le ipotesi da un colpo di sonno al gesto volontario e consapevole del ragazzo. Sull’asfalto, in strada, non è stato rilevato alcun segno di frenata. A nemmeno un chilometro dal platano che ha visto Riccardo morire, si trova la casa dove viveva con la famiglia, addobbata a festa per la laurea. Riccardo, stando alle tristi dichiarazioni dei genitori, non aveva ricevuto alcuna pressione universitaria e aveva autonomamente scelto il suo percorso di studi. “Voleva entrare nel Soccorso alpino” – ha dichiarato papà Stefano, tra lacrime e rimorsi. “Provo vergogna per non aver capito se si sentiva in trappola”. La polizia locale non esclude ancora nessuna possibilità. La morte del giovane, qualsiasi sia la verità, getta luce sulla morte di molti studenti universitari che, in ritardo con gli esami, sono stati travolti dalla paura di deludere i propri cari e sono così ricorsi al gesto più estremo che potessero compiere. Aveva solo 23 anni il ragazzo di origini abruzzesi che lo scorso ottobre si sarebbe gettato nelle acque del fiume Reno, sotto il Pontelungo di Bologna: troppo era il timore di non essere abbastanza per un mondo che tollera solo le eccellenze. 


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