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Tra il 2010 e il 2022, le università italiane hanno ricevuto quasi 19.000 “punti organico” dal Ministero dell’Università, un meccanismo flessibile che facilita e incita le assunzioni di nuovi lavoratori in ambito accademico.

Tuttavia, il 26% di questi punti non è stato utilizzato, lasciando più di un quarto delle potenziali assunzioni nel settore dell’Università sulla carta. Questo fenomeno si è accentuato negli ultimi cinque anni, periodo in cui si sono concentrati diversi piani straordinari di assunzioni finanziati dai governi, che hanno introdotto una concorrenza interna tra i diversi modi di finanziare le assunzioni.
Questi piani straordinari, disciplinati da quattro decreti ministeriali tra il 2016 e il 2022, hanno offerto alle università risorse aggiuntive per l’assunzione di ricercatori e personale tecnico-amministrativo, particolarmente nelle aree scientifiche e tecnologiche (STEM). Il più recente, il Dm 6 maggio 2022 n. 445, ha stanziato 75 milioni di euro per il 2022 e 300 milioni annui a partire dal 2023 per migliorare il rapporto studenti/personale, incentivando le assunzioni senza impattare i bilanci degli atenei.
Tale contesto ha probabilmente reso meno attrattivo per gli atenei l’utilizzo dei punti organico, contribuendo a un rallentamento nell’assorbimento di queste opportunità di assunzione. Ciò suggerisce una complessità nella gestione delle risorse umane nelle università, dove le strategie di finanziamento e le opportunità offerte da piani straordinari influenzano le decisioni di assunzione, portando a un inutilizzo significativo dei punti organico disponibili.
Questa situazione pone interrogativi sull’efficienza del sistema di assunzione universitario e sull’opportunità di rivedere i meccanismi di finanziamento per favorire una maggiore utilizzazione delle risorse e un rafforzamento del personale accademico nelle università italiane.
L’Inchiesta e i Dati sono stati resi pubblici dal Sole 24Ore

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